Nomenclatore Tariffario

NOMENCLATORE TARIFFARIO DELLE PROTESI

“14 anni di inutile attesa e così l’Italia ha perso imprese e lavoro, e tante persone disabili hanno perso la speranza di avere una vita più normale”

 

Sul tema caldo dell’aggiornamento del Nomenclatore Tariffario, riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta che Davide Cervellin, Presidente della Fondazione Lucia Guderzo (già Presidente Commissione Handicap Confindustria), scrive direttamente a Presidente del Consiglio Matteo Renzi, ma anche ai ministri di dell’Economia, Padoan, a quello delle Riforme Costituzionali, Boschi, a quello dello Sviluppo Economico, Guidi, e a quello della Salute, Lorenzin. Di seguito, il testo:

Ill.mo Presidente del Consiglio e Onorevoli Ministri, le norme che regolano la fornitura dei presidi sanitari o tecnologie compensative hanno un impianto vecchio che genera sprechi e spesa sanitaria non più congruenti con la qualità della vita delle persone disabili ed inoltre uccidono la possibilità di fare impresa in Italia. L’impianto, più di carattere risarcitorio che abilitativo, risalente agli inizi degli anni ’90, doveva essere radicalmente riformato, come prevedeva il DM 332 del 27 agosto 1999, impostato come norma transitoria che, ahimè invece, risulta dopo 15 anni ancora la norma di riferimento. In una ricerca che avevamo svolto come gruppo di lavoro di Confindustria la spesa sanitaria relativa al Nomenclatore Tariffario si attesta intorno ai 2 miliardi di euro circa, ma quel che è incredibile è che non c’è un dato certo perché ancora molte aziende sanitarie non sanno quello che spendono. Non è andato a buon fine il tentativo dell’allora Ministro Turco di inserire il Nomenclatore Tariffario nei LEA nel 2008, né si è addivenuti a una qualche direttiva organica per la gestione della materia a livello regionale. Lo stesso tentativo di centralizzare gli acquisti in Consip con il Mercato Elettronico delle Pubbliche Amministrazioni non ha prodotto finora il benché minimo risultato efficace. Ora accade che lo stesso strumento viene acquistato da Ulss diverse della stessa regione o in regioni diverse a prezzi assai differenti. Ora accade che molte Ulss acquistino strumenti non tenendo conto di un qualsiasi budget a disposizione, così da scaricare poi sulle imprese private le loro inefficienze attraverso i mancati pagamenti. Ci sono Ulss come la 18 di Rovigo, la 1 e la 3 Sud di Napoli o la 3 di Torino che continuano a trasmettere ordinativi pur avendo debiti con le aziende per forniture pregresse da oltre 2 anni. Accade poi che altre Ulss, adottando come riferimento il Nomenclatore Tariffario del 1992 acquistino prodotti pagandoli fino al 50% in più dei prezzi correnti. Faccio presente che il Nomenclatore contiene delle assolute irrazionalità quando prevede la fornitura di ausili come il bastone per ciechi, il termometro o l’orologio tattili che hanno prezzi di fornitura di 20-30 volte inferiori rispetto ai costi burocratici della prescrizione. Non si capisce per quale ragione per tutti i prodotti di costo inferiore ai 200-300 euro non si preveda la detrazione come spesa sanitaria, evitando così ingiustificati sprechi in procedure burocratiche. È da rilevare poi che l’iter prescrittivo per i presidi finiti è assolutamente improprio in quanto se gli aventi diritto devono già essere in possesso della certificazione di invalidità, non si capisce a cosa serva l’ulteriore prescrizione del medico specialista che nel 90% dei casi non conosce ciò che prescrive. Una norma così farraginosa e obsoleta ha impedito il corso naturale del libero mercato e lo sviluppo normale delle imprese in questo settore. L’Italia che tra gli anni ’80 e ’90 era stato un vero e proprio incubatore di realtà hi-tech per la qualità della vita dei disabili, negli ultimi 15 anni è diventata terra di conquista di imprese del Nord-Europa, americane e cinesi, perdendo centinaia di occupati. Pare che in questo paese ad occuparsi dei disabili possano essere solo associazioni, cooperative ed organizzazioni no profit, le quali possono esistere soltanto grazie alle risorse economiche impegnate per “fare assistenza”. Pare che non sia possibile invece innescare un meccanismo virtuoso che permetta, conseguendo il soddisfacimento dei bisogni dei disabili, di creare beni o servizi che generano imprese, e quindi lavoro ed economia reale. Si chiede pertanto, in considerazione dei pochi punti sommariamente espressi, di avviare una radicale riforma che preveda, almeno per i prodotti finiti, il trasferimento della materia ad un ente nazionale e non più alle Ulss, ente che potrebbe essere l’Inps o l’Inail o, comunque, che l’acquisto da parte delle Ulss avvenga per una procedura completamente riscritta attraverso il Mercato Elettronico Nazionale. In questo modo il Fondo Sanitario Nazionale risparmierebbe molti soldi e le persone disabili potrebbero avere in maniera più puntuale gli strumenti utili alla loro vita indipendente. Tutti questi argomenti, sollevati in più incontri pubblici e trattati anche dalla stampa, saranno oggetto di un prossimo incontro di studio e dibattito da noi organizzato. Resto a Sua disposizione per le attività svolte in passato e per quanto auspico si possa svolgere nel prossimo futuro al fine di migliorare il sistema e Vi auguro di lasciarci un positivo segno tangibile del Vostro operato.

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